Ultima sezione di questo topic sul mondo dei vini spumanti. Oggi sarà approfondito il metodo di produzione "charmat"
Fu il casalese (o villanovese[1]) Federico Martinotti (1860-1924), direttore per l’Istituto Sperimentale per l’Enologia di Asti, ad inventare e brevettare nel 1895[2] il metodo di rifermentazione controllata in grandi recipienti, poi adottato dal francese Charmat.
Il Metodo Martinotti permette di ottenere spumanti, spesso dolci, dalle caratteristiche note fruttate, per mezzo di recipienti a tenuta stagna tipo autoclave. Questo metodo ha trovato larga diffusione in quanto più idoneo alla produzione di vini spumanti utilizzando vitigni aromatici o fruttati (Moscato o Prosecco). Infatti la lunga sosta su lievito tipica del metodo champenoise nuocerebbe all’espressione del profumo dei vini derivati dai suddetti vitigni.
Il francese Eugène Charmat intorno al 1910 costruì e brevettò[3] tale attrezzatura, da qui il doppio nome, metodo Martinotti-Charmat. In sostanza il metodo prevede una seconda fermentazione del vino in grandi contenitori, di solito in acciaio, presurizzati, dette appunto autoclavi. Questa la differenza principale dal metodo Champenoise in cui la fermentazione viene effettuata in bottiglia.
Le uve utilizzate possono essere quelle del metodo classico ma visto che il metodo ottiene colori più tenui, paglierino con vena verdolina, sapori più freschi e meno strutturati, profumi meno intensi, le uve più apprezzate sono il Moscato, il Prosecco, la Malvasia e non per ultima il Brachetto.
La produzione
Come per il metodo classico l'enologo stabilisce un assemblaggio con i vini a disposizione, il vino viene chiarificato o a bassa temperatura o filtrato con filtri particolari ed è pronto per essere messo nelle autoclavi dove è stata preparata la base dei lieviti selezionati con aggiunta di zuccheri e di sali minerali per favorirne l'attività.
La fermentazione che si svolge è rapida, in genere intorno agli 80 giorni (30 se l'autoclave è dotata di agitatori); una qualità migliore si ottiene prolungando tale periodo di permanenza sui lieviti. Lo spumante viene poi passato in un'altra autoclave tramite filtrazione in ambiente isobarico, cioè in sovrapressione per evitare perdite di anidride carbonica.
Lo spumante viene sottoposto ad una temperatura di refrigerazione bassa che provoca la precipitazione dell'acido tartarico, quindi viene nuovamente filtrato sempre in condizioni di temperatura costante, e sempre in tale maniera viene imbottigliato e tappato. I tappi usati possono essere, oltre ai prestigiosi tappi di sughero come il metodo classico, anche dei tappi di plastica in quanto il prodotto viene consumato in breve tempo.
Con tale sistema non tutta l'azione dei lieviti viene svolta, infatti un residuo zuccherino maggiore del metodo classico rimane, proprio per la velocità del metodo il quale fine, come già detto, è quello di velocizzare le operazioni di spumantizzazione. Il prodotto risulta più fresco, ovvero più acido e con maggior effervescenza e spuma, elementi che ci fanno percepire quindi meno dolcezza.
Lo schema produttivo |
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I vini frizzanti possono essere di due tipologie:
- vini frizzanti naturali
- vini frizzanti artificiali
I primi sono prodotti con il metodo Charmat, con tempi più brevi ed una sovrapressione minore. I secondi sono prodotti insufflando anidride carbonica (come per alcune acque minerali). Ovviamente la qualità di questi ultimi è ritenuta scadente.
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